Da alcuni anni a livello nazionale nel mese di ottobre si svolge l’iniziativa “Libriamoci“, organizzata dall’associazione editori italiani ADI e dai librai per invitare alla lettura nelle scuole. Quest’anno abbiamo aderito anche noi dell’Istituto superiore d’Adda in vari modi, con letture nelle classi erano suggeriti in particolare quattro autori: Shakespeare, Cervantes (entrambi a 500 anni dalla morte), Ariosto (per l’anniversario della prima edizione dell’Orlando Furioso) e Roald Dahl, l’autore della Fabbrica di cioccolato, di cui ricorreva il centenario della nascita.
La nostra iniziativa era questa. Costanza Daffara, insegnante del corso di teatro, entrava senza dire nulla nelle classi interessate, sempre senza alcuna spiegazione leggeva l’incipit di un racconto di Dahl e usciva. I ragazzi colti di sorpresa sono stati molto attenti e silenziosi. Il docente poi aveva il compito di chiedere agli studenti di continuare il racconto e di andare a leggere l’originale (acquistato dalla scuola in formato ebook in italiano e in inglese).
Il risultato sono i racconti che riportiamo sul nostro Gabbianò. Quelli che seguono sono stati scritti dagli alunni della seconda linguistico, guidati dalla professoressa Elena Uglioni. Buona lettura!

 

Giovedì 27 ottobre, ore 9.40 circa, classe 2A linguistico…

Toc Toc… Avanti…un misterioso personaggio entra in classe e, senza alcuna presentazione, inizia a leggere un racconto, lasciando nello stupore alunni e insegnante. Il testo, che poi scopriamo essere l’incipit del romanzo di Dahal “Il comandone”, narra di un tipo molto abitudinario che ogni giorno percorre lo stesso tragitto in treno per recarsi al lavoro nella City londinese. Una mattina, però, uno sconosciuto sconvolge per sempre la sua routine, così come è stata sconvolta quella mattina la nostra quotidianità scolastica: sempre da uno sconosciuto, sconosciuta nel nostro caso che, così come è arrivata, se ne va all’improvviso lasciandoci a bocca aperta: chi era mai quel personaggio misterioso?


FINE CORSA

“Quella mattina rimarrà sempre nella mia mente: quello sconosciuto era colui che mi aveva rovinato la vita. Il treno, quello che prendevo sempre, arrivò in orario. Lo sconosciuto salì per primo e si sedette nel posto in cui io ero solito stare da dieci anni a questa parte. Di conseguenza mi dovetti accomodare davanti a lui e, mentre leggevo il giornale, ci scambiammo occhiate di disgusto. Il treno terminò la sua corsa nella stazione in cui solo io sono solito scendere, ma quel giorno non fui l’unico: scese anche lui. Proseguii il mio tragitto per giungere al lavoro e lo sconosciuto mi stava ancora dietro, emulando ogni mio movimento. Era molto alto, indossava un cappotto lungo scuro a collo alto, pantaloni neri che coprivano le scarpe e occhiali da sole. Entrammo entrambi nello stesso edificio, quello dove io mi recavo ogni mattina e venimmo chiamati dal capo che ci fece accomodare nel suo ufficio. Qui si svolse tra noi un lungo colloquio che culminò con il mio licenziamento. In quel momento la mia rabbia tu tale che tirai fuori la pistola, quella che sempre tenevo nascosta nella mia ventiquattro ore, e aprii fuoco contro di loro. Dopo aver zittito i miei ex compagni, venni qui consapevole e felice di quello che avevo fatto.” Il poliziotto chiese: “Qual è il motivo di questo suo gesto?” “La mia routine era finita.”.

Racconto psicologico di Filippo, Tommaso, Virginia e Cristian


UN OROLOGIO CONTESO

Quella mattina rimarrà sempre nella mia mente: quello sconosciuto era un mafioso! Da quel giorno lo vidi sempre collocato allo stesso punto della fermata, con abiti scuri: cappotto lungo e grigio, pantaloni neri, cappello e occhiali. Quando gli passavo davanti, mi fissava con aria inquieta e cupa; molto probabilmente sapeva chi ero e quali erano le mie abitudini. Un giorno mi seguì fino a casa: ero preoccupato, non avevo idea di cosa volesse o di cosa gli avessi fatto. Pensai tutta la notte a quale potesse essere la causa dell’inseguimento: era forse un caso? O c’era veramente qualcosa sotto? Anche il mattino successivo si trovava sempre allo stesso punto, così decisi di affrontarlo per dissipare i miei dubbi. Scoprii allora che il problema era un vecchio orologio da taschino che avevo acquistato ad un’asta. L’orologio apparteneva alla sua famiglia da generazioni e gli era a tal punto affezionato da minacciarmi di incendiare la mia casa qualora non gli avessi reso l’oggetto. L’ansia di quella minaccia mi tormentò tutto il giorno e tutta la notte poiché non ricordavo dove avessi messo l’orologio. Lo cercai disperatamente ovunque fino a quando non lo trovai in una vecchia giacca che non indossavo da tempo. Corsi a perdifiato la distanza tra casa mia e la fermata dove lo vidi, intento ad aspettarmi. Non appena restituii l’orologio, con uno scatto lui estrasse una pistola e mi sparò. Fortunatamente non colpì organi vitali e, grazie alle persone che avevano assistito alla scena, i soccorsi furono immediati; dopo un anno di terapie oggi sono ancora qua a raccontarvi la mia avventura; il mafioso non so a chi la stia raccontando…forse ai suoi compagni di cella!

Racconto di genere giallo di Carlotta, Chiara, Fatima, Filippo


UN INCONTRO INASPETTATO

Quella mattina rimarrà sempre nella mia mente: quello sconosciuto era il mio vecchio amico Gianfranco, che avevo conosciuto ai tempi delle medie. Per essere precisi, facemmo conoscenza proprio il primo giorno di scuola, quando il professore ci mise vicini di banco. Lo ricordo come un ragazzo allegro ma timido, dalla camminata goffa ed è grazie a quest’ultima caratteristica che sono riuscito a riconoscerlo a distanza di anni. All’epoca della scuola andammo subito d’accordo e scoprimmo di avere molte cose in comune, oltre al fatto di abitare nello stesso paese. Il nostro più grande sogno era di poterci trasferire e lavorare a Londra. Alla fine delle medie, però, per motivi a me ancora sconosciuti, si dovette trasferire e da allora non ho avuto più sue notizie. Con il tempo io sono riuscito a realizzare il nostro sogno, senza dimenticare i momenti trascorsi insieme. Mai avrei pensato di rincontrarlo in maniera così inaspettata; addirittura non sapevo se avvicinarmi e salutarlo. Alla fine decisi di tentare e mi avvicinai. All’inizio non mi riconobbe ma, dopo avergli ricordato del nostro sogno di trasferirci a Londra, capì chi fossi. Parlammo molto, soprattutto di quello che Gianfranco aveva fatto fino a questo momento. Scoprii che si era dovuto trasferire a Londra per motivi di lavoro. E coincidenza volle che il suo ufficio fosse a pochi minuti di cammino dal mio. Da quell’improvviso incontro, ora tutte le mattine ci incontriamo alla stazione e andiamo al lavoro insieme. E da quel giorno la sua presenza finalmente cambiò la mia routine.

Racconto di formazione di Cecilia, Alessia e Gregory


UN AMORE RITROVATO

Quella mattina rimarrà sempre nella mia mente: quella sconosciuta era una mia ex. Me la ricordo con i capelli corti biondi, mentre adesso li porta lunghi e castani. Indossava tacchi alti e grossi occhiali che non aveva ai tempi della nostra relazione. Era in compagnia di un uomo, ridevano e chiacchieravano, mentre camminavano verso il centro della città. Incuriosito da quell’uomo, ho iniziato a seguirli finché giunsero in un alloggio e vi entrarono. A causa di questo imprevisto, arrivai in ritardo in ufficio, cosa che non era mai successa in tutti i miei trentasei anni di lavoro. La faccenda mi sconvolse tanto che non riuscii nemmeno a terminare i miei incarichi; ero troppo concentrato a pensare a lei, ai momenti che avevamo passato insieme, al giorno in cui mi aveva lasciato. Decisi che le avrei parlato, lo avrei fatto sembrare un caso: ”Anche tu qui? Da quanto tempo…”. L’avrei seguita, se necessario, avrei scoperto dove abitava, lavorava, chi frequentava e quando. E poi quell’uomo…chi era? Poteva essere il suo capo, forse. Oppure solo un collega…magari stavano insieme! Uscii dal lavoro alle 18 in punto; mi diressi verso l’edificio in cui l’avevo vista entrare con quell’uomo. Feci pochi metri e la scorsi dirigersi nella mia direzione: era bella come ricordavo. Girai il volto verso una vetrina per non farmi riconoscere, ma giunta a pochi passi da me le si ruppe un tacco e cadde a terra. Mi avvicinai per aiutarla, si voltò verso di me e in quel momento mi riconobbe, sorrise.

Racconto sentimentale di Bianca, Keyi, Elisa e Lorenzo