GIUSEPPE UNGARETTI
Mattina
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917
M’illumino
d’immenso.
GIONA COLOMBO
Già da tre anni in Europa sono in corso celebrazioni e cerimonie di commemorazione del primo centenario dall’inizio della Grande Guerra. Mi è sempre stato a cuore il pensiero dei grandi scrittori e dei letterati su questo avvenimento, non certo quello dei difensori della cultura ufficiale o dell’epopea eroica della guerra, quanto piuttosto quello di chi condivise il parere che quell’eccidio non fu che un'”inutile strage”, per usare le parole di un grande uomo di pace, papa Benedetto XV.
Il 26 gennaio di un secolo fa, Giuseppe Ungaretti scriveva una delle sue poesie più celebri: “Mattina”, uno spazio, una pausa di ritrovata serenità tra gli orrori della guerra, un momento di abbandono al sentimento di armonia con la natura, in cui il singolo si concilia con l’immensità.
Alla poesia di ispirazione carducciana e dannunziana, solenne, aulica e altisonante, Ungaretti contrappose una poesia essenziale, condensata in pochi e brevi versi in cui, servendosi di analogie, esprimeva sentimenti di solitudine e sofferenza esistenziale, ma anche di grande solidarietà e fratellanza. Inizialmente interventista, fu inviato come soldato semplice sul fronte del Carso. Da soldato, la guerra gli apparve molto diversa da come l’aveva immaginata: non gesta eroiche e avventurose, ma fango delle trincee, sangue, morte, fame e dolore. Quindi, contrariamente a D’Annunzio, che esaltava e celebrava l’evento bellico e i valori patriottici (da alcuni fu infatti definito un guerrafondaio), Ungaretti espresse dolore e condanna per la guerra, vista come un’assurda competizione che genera solo violenza, vendetta e morte; proprio dalla tragica esperienza maturò la consapevolezza che tutti gli uomini sono fratelli in quanto accomunati da un medesimo destino di dolore. Al poeta interessava dunque comunicare il senso dell’umano smarrimento di fronte ad una realtà apparentemente semplice, ma la cui vera essenza sfugge. Il nucleo di verità nascosta fu per Ungaretti simboleggiato dal porto sepolto, luogo in cui solo il poeta può giungere e riemergere, grazie alla sua sensibilità.
Dai versi di questo grande poeta cogliamo naturalmente l’importanza della pace. Anche nella nostra travagliata epoca i focolai di guerra non sono estinti, i nazionalismi autoritari non sono scomparsi, tuttavia solo sulla pace l’umanità può fondare un futuro di serenità, non di tribolazioni, di vita e non di morte.