FRANCESCA VALZER, BEATRICE CIVIERO
In occasione della Giornata contro la violenza sulle donne alcune classi del nostro istituto si sono recate al cinema Sottoriva di Varallo per la visione del film “Fiore del deserto”, riguardante l’argomento. Il film, tratto da un libro autobiografico omonimo, racconta la storia di Waris Dirie, una ragazza di origini somale che, da piccola, secondo la tradizione del suo Paese, ha subito l’infibulazione; a circa 15 anni, per scappare dal matrimonio combinato con un uomo più vecchio di lei, attraversa il deserto a piedi e si reca dalla nonna che le trova un lavoro nell’ambasciata somala di Londra.
Arrivata nella metropoli inglese, passa alcuni anni rinchiusa e maltrattata nell’ambasciata fino al giorno in cui ha la possibilità di scappare. Proprio da questo momento inizia il film che vede la donna protagonista di un cambiamento radicale della sua vita. Con l’aiuto di un’impacciata ballerina e di un famoso fotografo, inizia la sua carriera che la porterà al successo come modella, ma non all’accettazione di quello che ha dovuto passare essendo donna e nata in un Paese con tradizioni considerate violenza nel resto del mondo. Questo argomento la porterà a battersi contro la mutilazione genitale femminile e per la sua completa abolizione.
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Affrontando l’argomento principale contro cui la protagonista si batte, riteniamo opportuno approfondire la questione relativa all’ infibulazione.
Essa cè una mutilazione degli organi genitali femminili con la conseguente cucitura della vagina con lo scopo di provare la castità della donna al momento del matrimonio. Questa pratica, nata nell’antico Egitto, è tutt’ora eseguita in molti Paesi dell’Africa e in alcuni dell’Asia e del Medio Oriente dove, anche se in certi Stati è vietata per legge, continua ad esistere. Potremmo pensare che sia dovuta alla religione, tuttavia in paesi completamente islamici questa tradizione viene praticata, anche se non è dettata dalle leggi del Corano; in Paesi in cui convivono entrambe le religioni, musulmana e cristiana, (Corno d’Africa, Eritrea ed Etiopia) la maggior parte delle bambine infibulate è cristiana, anche se tale pratica non è dettata neanche dalla Bibbia. Questa usanza infatti ha origini precedenti a queste religioni. Bisogna sottolineare che non solo le bambine subiscono questa violenza ma anche le donne divorziate, le vedove e pure coloro che hanno appena partorito sono sottoposte a reinfibulazione.
In tutto il mondo ci sono 125 milioni di donne che sono state sottoposte all’infibulazione, e ogni anno se ne aggiungono circa 3 milioni; 29 sono i paesi che, nonostante i divieti, continuano a praticare l’infibulazione. In tre anni solo a Londra sono state registrate 2000 vittime di cui solo 298 si sono sottoposte ad un’operazione per tornare alla normalità.