LORIS E. TERRAFINO
Rocco Chinnici nacque a Misilmeri (Palermo) nel lontano 1925.
Figlio di piccoli proprietari terreni, ebbe per sé tutto il loro amore, perché era l’unico figlio sopravvissuto, dopo la morte dei quattro fratelli.
Diplomatosi al Liceo Classico “Umberto I” di Palermo, dopo avere percorso tutti i giorni, per cinque anni, trenta chilometri per raggiungere la scuola, si iscrisse alla Facoltà di giurisprudenza, laureandosi nel 1947.
Il primo incarico lo ebbe nel 1952, quando diventò “uditore giudiziario” a Trapani; proprio sull’autobus che prendeva ogni giorno conobbe Agata, dalla quale ebbe tre figli: Caterina, Elvira e Giovanni.
Tra il 1954 e il 1966 fu “pretore” a Partanna, comune di circa 10.000 abitanti, vicino Trapani.
Dai racconti di sua figlia Caterina, anch’ella magistrato, sappiamo che ricopriva molto volentieri questo incarico.
Essendo quello del pretore un incarico “monocratico”, si occupava di tutto ciò che riguardava la giustizia,sia in ambito civile che penale. Era molto rispettato sia per il ruolo che ricopriva, sia per il modo in cui lo faceva: era solito aiutare tutti il più possibile; sappiamo che portò spesso i suoi figli a giocare con quelli dei detenuti, che per Natale faceva loro perfino dei regali e che badava anche al cane di uno di loro.
Amava le rose, Rocco Chinnici, amava piantarle, coltivarle e potarle (sempre rigorosamente in giacca e cravatta); una passione che coltivò finché non ebbe incarichi che avrebbero esposto sia lui che la sua famiglia a rischi troppo elevati.
Nel 1970 iniziò infatti ad indagare sulla “Strage di Via Lazio”; in quell’occasione, un commando di killer, composto da uomini reclutati dai boss Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, irruppe in uniformi da agenti di polizia negli uffici del costruttore Girolamo Moncada, in viale Lazio, a Palermo, covo del boss Michele Cavataio,detto ”Il Cobra”, ritenuto colpevole di avere scatenato la guerra fra le famiglie mafiose.
Successivamente poi, nel 1975, Chinnici prese il posto del magistrato Cesare Terranova, ucciso in un agguato da “Cosa Nostra”.
Da questo momento Rocco Chinnici fu perennemente in pericolo.
Con la fondamentale collaborazione di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe di Lello, crea quello che successivamente verrà chiamato il “Pool Antimafia”, ovvero gruppo di magistrati che si occupava collegialmente di una medesima indagine, diluendo così i rischi e le responsabilità personali e distribuendo diversamente il carico di lavoro.
Viene ucciso da un’ autobomba che esplode sotto casa sua, in via Pipitone Federico, la mattina del 29 luglio 1983, dopo mesi di minacce.
Con lui esplodono anche il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato, e il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi. L’unico superstite fu Giovanni Paparcuri, l’autista.
Il sacrificio della vita di questo uomo, come quello di molti altri, ha decisamente contribuito a rendere il mondo in cui viviamo un posto migliore.