CARLOTTA BONANDIN

La colpa è dell’uomo, la colpa è della donna. La colpa è della società , la colpa è dell’educazione ricevuta. La colpa è della cultura, la colpa è di tutti, di nessuno.
La colpa si cerca sempre: queste frasi si sentono spesso se si tratta di  femminicidio o di qualsiasi violenza sulle donne. Si sente urgenza di  trovare un colpevole per convincersi che tutto sia risolto. Ma effettivamente, quando si tratta di violenza sulle donne, la colpa di chi è ?
Spesso si vuole far credere che la colpa sia nella donna, nel suo modo di vestire che l’ha fatta apparire consenziente ad un rapporto che poi  degenera in stupro. Se i telegiornali, ed ancor peggio la giustizia e il  popolo accettano di dare la colpa di un atto così grande e tremendo ad un particolare così piccolo e irrilevante come quei pochi centimetri in
meno di una gonna, è evidente il desiderio di cercare un capro espiatorio.
In alcune popolazioni dell’antichità , come in quella ebraica, era ricorrente lasciare che un piccolo capro, su cui il sacerdote scaricava i peccati della comunità , morisse solo nel deserto, come simbolo dell’espiazione; da qui deriva il termine “capro espiatorio”.
Allo stesso modo facciamo noi oggi, lasciando che la libertà della donna muoia, portando con sè tutte le colpe degli uomini, per espiarle. Ancora una volta accade, accade ogni giorno, anche nel nostro piccolo, quando l’uomo pretende sempre di più dalla donna, capro espiatorio oltre che dello stupro anche del femminicidio.
Nella comunità antica si commettevano colpe contro gli dei, si uccideva,  si mancava loro di rispetto; per evitare la punizione divina, si mandava un capro a morire nel deserto. Oggi si uccidono mogli, sorelle, figlie, si maltrattano, si violentano e molestano; per evitare la pena giudiziaria si lascia credere che la donna fosse cattiva, fosse gelosa, fosse
disobbediente e soprattutto che fosse colpevole.

Lasciare che la donna e le sue libertà diventino un capro espiatorio significa non saper accettare quanto mostra la realtà e non ammettere ​che la sottomissione della donna è pretesa ancora da molti uomini, spesso in modi poco evidenti e subdoli, ma davvero dolorosi