MARCO TOSSERI
La vicenda della “strega” Antonia nel capolavoro di Vassalli ha ancora molto da insegnare
Zardino è stato, ora non è più: adesso c’è soltanto il nulla. Là dove c’era il dosso,
uno dei luoghi del romanzo, ora c’è l’autostrada Voltri-Sempione . Il Sesia che è straripato, la peste del 1630, forse una battaglia o un incendio: tutte possibili cause della scomparsa del villaggio di Zardino.
Fortunatamente la sparizione fisica vera e propria non è bastata a cancellarlo del tutto: alcuni documenti, sopravvissuti al trascorrere dei secoli, sono stati portati alla luce: si tratta con esattezza di carte riguardanti il processo e la sentenza di condanna a morte di una strega, la “Strega di Zardino”, nell’anno del Signore 1610. Grazie a queste e ad altre fonti coeve, l’autore del romanzo LA CHIMERA, Sebastiano Vassalli,è riuscito a strappare al Nulla, e consegnare a noi nel presente la storia di Antonia, la strega, e di quei personaggi che non solo hanno fatto parte della sua vita e ne hanno modellato il corso degli eventi, ma hanno anche popolato quella parte di Mondo nel periodo in cui lei è vissuta.
I documenti non possono tutto, non ci restituiscono l’intera storia, ecco perchè la scelta di proporre un romanzo storico: l’autore è un abilissimo narratore, in particolare spiccano i ritratti, non solo quello di Antonia, ma anche quello del bandito e criminale Caccetta, del finto prete, il quistone Don Michele, del vero parroco di Zardino don Michele, non ultimo quello lungo e ricco, distillato lungo le pagine, del vescovo Bascapè.
Accanto alle faccende dei personaggi si inseriscono le vicende di Antonia: il suo arrivo a Zardino, l’entrata in scena di Don Teresio, il suo ritratto in una piccola edicola votiva, la visita pastorale di monsignor Bascapè per la celebrazione della Beata Panacea, il bivacco dei Lanzichenecchi, il processo a Novara, la sentenza e l’esecuzione della sua condanna. Tutto ciò non intacca minimamente la vita degli abitanti di Zardino (eccezion fatta per i genitori adottivi di Antonia che per pagare il processo furono costretti a vendere tutto ciò che avevano) che dopo il processo e l’esecuzione continueranno a vivere come hanno sempre fatto anche prima che ci fosse la strega. Eppure sono questi personaggi corali a essere il vero motore della narrazione: quasi tutti hanno una parte di responsabilità: le comari di Zardino, con la loro invidia e le loro malelingue; il bigotto don Teresio, pronto a denunciarla all’inquisizione, ma anche Bascapè che non interviene in alcun modo, anzi se ne tira fuori; il camminante Gasparo che la riempie di promesse che non manterrà; l’inquisitore Manini che farà di tutto per condannare la strega per rivendicare l’autonomia del tribunale dell’Inquisizione di Novara da quello di Milano.
Vassalli, scrivendo questo romanzo, ha reso giustizia a questa ragazza la cui vita è stata stroncata nel fiore degli anni per colpa dell’ignoranza. Antonia è una ragazza semplice, buona, risoluta nel respingere i pretendenti, particolarmente bella, e forse, consapevole della sua avvenenza, anche vanitosa, ma nulla più: non è una strega, non fa sabba e non si unisce con il diavolo; la vicenda le si precipita contro e lei è costretta a subirla passivamente senza poter intervenire in alcun modo.
Come la sua è stata la storia di tante giovani donne che, perchè considerate diverse e quindi pericolose, furono processate come streghe e condannate a morte. Voglio precisare, così come fa lo stesso Vassalli, che per la maggior parte si trattava di  giovani donne nubili e indipendenti che spesso vivevano ai margini della società e che lo stereotipo della strega come una donna anziana e particolarmente sgradevole alla vista è un mito ottocentesco creato a difesa della Chiesa, i cui rappresentanti, durante i processi di stregoneria, sfogavano con duri interrogatori e torture le proprie bramosie sessuali represse: il mito della una strega brutta e anziana al posto di una bella e giovane voleva quindi cancellare quest’ipotesi infamante.
Tante morti senza colpa.
L’occhio distaccato e novecentesco di Vassali interviene spessissimo nel romanzo, commentando, integrando, spiegando alcuni concetti o termini al lettore, facendo spesso
una sottile ironia sulle stravaganze e contraddizioni di questo secolo XVII( proprio come ha fatto Manzoni nel suo capolavoro). Esso non è solamente rivolto al ‘600, ma nache a noi e al nostro presente. Perchè tirare fuori la piccola storia di un paese ormai oggi scomparso( “piccola” non poiché irrilevante o inutile ma semplicemente non del calibro di quella dei grandi Stati che hanno mosso le redini del mondo) e scriverci un libro, e perché noi dovremmo leggerla? Perchè per farci riflettere sul nostro mondo non è necessaria soltanto la Grande Storia, ma anche la vita di un piccolo paese può invitarci a riflettere e questo romanzo ne è la dimostrazione: i pregiudizi, l’invidia, la paura e l’ignoranza possono far danni più di un colpo di spada nel 1600 così come nell’imminente 2019.