MARCO TOSSERI

Un’avvincente e intrigante rilettura delle vicende che cambiarono per sempre il volto di Roma

E’ stata una figura spartiacque nella storia di Roma e nella storia del mondo antico. Da lui in poi Roma, fino alla fine dei suoi giorni, è stata governata da un imperatore. “Augustus”, il romanzo di John E. Williams, racconta la storia di Gaio Cesare Ottaviano e di come divenne guida della maggior parte dei territori del mondo allora conosciuto.
Sono lo scambio epistolare, le memorie, i racconti e i diari a narrarci l’intera vicenda: è attraverso le lettere di Mecenate a Tito Livo, le memorie di Agrippa, le impressioni a caldo di Salvidieno Rufo, i tre giovani migliori amici di Ottaviano, che noi leggiamo di come quel giorno, le Idi di Marzo del 44 a. C. , il giorno dell’assassinio di Giulio Cesare, gli avvenimenti abbiano stravolto irrimediabilmente le loro vite; da quel momento dovranno giocare al meglio le loro carte, in gioco ci sono Roma e il dominio dell’impero che era stato costruito. La storia prosegue e alle voci delle persone più vicine ad Augusto si aggiungono quelle di personaggi come Cicerone, Antonio e Cleopatra: assistiamo allora alla lotta tra Ottaviano e Antonio per il potere; dalle iniziali lotte all’uccisione dei Cesaricidi al triumvirato e infine alla separazione definitiva con Ottaviano a Roma e Antonio in Egitto, atto che sfocerà nella vittoria di Ottaviano ad Azio. E poi gli anni dell’Impero fatti di matrimoni combinati, lotte, macchinazioni e intrighi, campagne militari di consolidamento e pacificazione dei territori, fioritura dell’arte e della letteratura con il circolo di poeti e amici a fianco di Ottaviano, affidati soprattutto alla penna di Giulia, la figlia di Augusto, che, in esilio nell’isola di Pandataria, decide di scrivere un diario raccontando la propria vita. Non lo fa per altri, lo scrive semplicemente per sé. E’ una donna che subisce una profonda trasformazione quando si rende realmente conto di essere figlia dell’uomo più potente del mondo e che può sfruttare al meglio quest’occasione per i propri interessi.
Il punto di forza di questo romanzo è rappresentato dalla pluralità di voci narranti che, pur rischiando di confondere il filo della narrazione, in realtà conferiscono al racconto ritmo e fluidità. Credo sia proprio grazie all’espediente del diario e dell’epistola che il livello narrativo rimane sempre altissimo: chi scrive lo fa in prima persona, in maniera diretta, non ha limiti o imposizioni di sorta e soprattutto, se la lettera o il diario appartengono alla sfera privata (qui il 99% dei casi), si abbandona a confidenze, sfoghi e confessioni mostrando il vero se stesso. Leggendo si arriva a cogliere ogni personaggio nel suo io più profondo; ogni aspetto dell’animo umano emerge e viene messo a nudo: dal valore più alto dell’amicizia vera, sincera e duratura alla più infima ambizione e brama di potere. E lo stile ne è una chiara manifestazione: dalle lettere che hanno un linguaggio più agile, colloquiale, alle memorie di Agrippa che, pur ricordando la gioventù, l’amicizia e le imprese compiute allora, mantengono una certa solennità, per arrivare a Giulia che adotta uno stile semplice ma forse più riflessivo, controllato. In tal modo, l’autore ha saputo dipingere al meglio la società romana dell’epoca dove le lotte e gli intrighi politici erano all’ordine del giorno e per riuscire a uscirne bisognava essere davvero degli strateghi e utilizzare intelligentemente i mezzi a propria disposizione, forse ancor più di oggi. Era una vera e propria guerra di tutti contro tutti. Dalle pagine del romanzo emerge che la cosiddetta “Pax Augustea”, vale a dire il periodo di pace che Ottaviano Augusto portò, ponendo fine alle sanguinose guerre civili, fu un lungo processo che per essere attuato necessitò di altro sangue e nonostante tutto, una volta ottenuto, da Augusto e da chi gli era vicino non venne vissuto come tale: tra chi trama contro di lui per prendergli il potere, tra i figli che lui vorrebbe come successori e gli amici fidati che muoiono uno dopo l’altro e una legge da lui promulgata che gli si ritorce contro in maniera terribile, Augusto rimane solo, anziano e stanco, perché, si sa, il potere alla lunga logora la mente e le membra, e arriva a chiedersi se ne sia valsa la pena. Io credo di sì e non solo io, è la storia stessa che ancora ne parla a confermarlo. Come l’autore scrive in nota: “Se in questo lavoro sono presenti delle verità, sono le verità della narrativa più che della Storia. Sarò grato a quei lettori che lo accoglieranno per ciò che vuol essere: un’opera dell’immaginazione”. Molto di quanto scritto quindi, è doveroso sottolinearlo, soprattutto nei dettagli e nei particolari, appartiene alla sfera della fantasia, ma questo non rende di certo la lettura meno affascinante o avvincente, anzi riesce sicuramente ad avvicinare una vicenda così lontana nel tempo a noi e alla nostra sensibilità. Non dubito che personalità così forti e incisive come quelle descritte nel romanzo fossero tali anche nella realtà: la storia ci insegna che a scriverla sono personaggi piuttosto carismatici, non credete?
Leggete quindi il romanzo di Williams perché la trama , lo stile e il ritmo narrativo vi terranno incollati fino all’ultima pagina. E non solo: come tutti i grandi romanzi assume un valore atemporale; con la profonda analisi e psicologia della mente umana l’autore ribadisce che i sentimenti, le emozioni, i desideri, le volontà che muovevano gli uomini duemila anni fa sono gli stessi che muovono gli uomini oggi: i secoli passano, la società e il mondo si evolvono, ma l’uomo, nel profondo, rimane se stesso.