CARLOTTA BONANDIN, COSTANZA FILIBERTI
In questi ultimi giorni ha fatto molto discutere la restrizione alla legge sull’aborto in Alabama. In questo stato nel sud degli USA ora una donna non ha più la possibilità di interrompere una gravidanza, nemmeno se questa fosse il frutto di incesto o stupro.
Se la donna in questione riesce ad abortire il medico che le ha concesso l’operazione rischia l’ergastolo. L’aborto è concesso così solo in caso di gravi complicanze mediche per la donna.
Altri sette stati americani dall’inizio del 2019 ad oggi hanno imposto restrizioni alle leggi sull’aborto, senza arrivare però all’abolizione come in Alabama.
Questo tema è ormai argomento di discussione da decenni: molte sono le posizioni e i pensieri in contrasto; per crearsi un’opinione però sarebbe forse meglio approfondire la questione. Analizziamo il caso dell’Alabama: la legge è stata approvata a larga maggioranza dal Senato dell’Alabama, con 25 voti a favore e sei contrari. Il dibattito nell’aula del Senato dell’Alabama è stato durissimo ed è andato avanti tra molte proteste: le donne sono scese in piazza. Nonostante questo, e nonostante la presenza di donne vittime di violenze, i senatori sono andati dritti per la loro strada. I democratici, senza successo, hanno cercato di battersi: hanno spiegato che il prezzo più alto lo pagheranno le donne più disagiate e hanno definito la norma “uno stupro per le donne”.
Anche Kentucky, Mississippi, Ohio e Georgia hanno vietato la procedura dopo avere rilevato l’attività cardiaca fetale. A incoraggiarli è il fatto che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha recentemente nominato nella Corte Suprema due giudici anti-aborto.
Anche se il disegno di legge è già legge, non significa che entrerà in vigore. Nello Iowa e nel North Dakota quest’anno. La legge si è arenata in tribunale e in Kentucky, invece, è stata sospesa da un giudice.
Spesso si dimentica che l’aborto non è una conquista di donne egoiste e femministe, ma un metodo per evitare che una donna debba portare un bambino in grembo contro il proprio volere. E ancora più spesso viene dimenticato il dolore e la sofferenza provocati da un aborto per una donna. Viene data importanza al bambino ma non alla futura madre che è costretta dunque a portare avanti una gravidanza e a partorire ciò che è nato da stupro o incesto. Sicuramente questa decisione dà diritti al bambino che deve ancora nascere e che nella maggior parte dei casi sarà costretto a vivere nel disagio. Vengono dimenticati però i diritti della donna, ancora una volta.
L’operazione in corso però lascia intravedere un sistema che potrebbe essere replicato, per annullare altri diritti come quelli dei gay o delle minoranze, ma anche per scalfire le regole della democrazia americana. Siamo in un periodo storico turbolento e violento nel quale ancora non si è tutti uguali e non si hanno gli stessi diritti come esseri umani che vivono sullo stesso pianeta. La strada per avere garantiti i diritti umani è ancora lunga e tortuosa e occorrerà lottare per vederli riconosciuti e raggiungere l’obiettivo comune. I diritti che abbiamo oggi sono il risultato di molte battaglie affrontate in passato, ed è fondamentale continuare a combattere affinché non ci vengano tolti.
“In un Paese che voglia dirsi democratico, la tutela dei diritti non deve trasformarli in privilegi.”
-Stefano Nasetti