CAROLA CERMINARA
Giovedì 30 Gennaio la seconda classico si è recata all’Istituto per la Storia della Resistenza che, come suggerisce il nome, si occupa principalmente di informare e sensibilizzare sul tema della Seconda Guerra Mondiale, non solo in occasione della Giornata della Memoria, ma ogni giorno dell’anno. È infatti sulle pareti dell’edificio, nei proiettori, nelle voci di chi vi lavora che sopravvivono tutte le persone straordinarie, distintesi in battaglie, apparentemente già perse, contro l’orrore della guerra e della discriminazione. Nel lungo corridoio del primo piano si legge dai cartelloni appesi di sport, delle Olimpiadi del ’36 e del ’40, ma soprattutto, si legge di uomini e donne coraggiosi, di atleti che sfidarono il Reich e tutto quel che simboleggiava, come Johann Trollmann, Victor Young Perez, Gretel Bergmann e tanti altri; anche nei video dell’epoca si vedono parate, esercitazioni, si vedono persone. Perché alla fine è di questo che si tratta, è questo che fa la differenza. In quelle sale non aleggiano fantasmi privi di volto, ma individui che soffrirono, lottarono, e che furono privati di tutto quel che li rendeva umani. Li hanno spogliati di ogni dignità, hanno tentato più e più volte di ridurli a poco più che bestie, eppure non ebbero mai la codardia di abbassare la testa. È semplice dimenticare i numeri, anche se si tratta delle vittime di una delle più grandi tragedie del nostro tempo; ma come si può dimenticare una storia di Resistenza? Come si possono dimenticare la sofferenza, il pianto, il terrore?
Forse quello di ridurre tutto a numeri, a statistiche è un difetto dell’uomo moderno, ma i primi a degradare l’uomo ad un numero furono proprio coloro che perpetrarono questi massacri: è perciò nostro dovere scrivere i nomi, raccontare le storie e far rivivere, tramite i ricordi, vittime ed eroi. Per essere diversi, per essere migliori. Perché ci auguriamo che ci basti conoscere il dolore degli altri, per non dover mai provarlo sulla nostra pelle. Così faremo nostri questi valori, per non voltarci le spalle quando avremo bisogno l’uno dell’altro.