FRANCESCA VALZER
Quando il Governo ha deciso di sospendere la didattica, nessuno di noi si sarebbe mai aspettato di dover continuare a studiare, soprattutto virtualmente. All’inizio la preoccupazione riguardava la programmazione delle verifiche e delle interrogazioni, l’organizzazione della settimana successiva: da lunedì 2, infatti si pensava già al ritorno in classe, ma questo è stato poi rimandato a mercoledì, poi al lunedì dopo e ieri, 8 marzo, alzandoci, abbiamo scoperto di essere entrati fra le zone rosse d’Italia.
Ma la scuola non si ferma, almeno non per tutti: il D’Adda si è tempestivamente messo in moto e, anche se con un po’ di fatica, è riuscito a far diventare maestri delle lezioni virtuali anche i professori meno tecnologici.
Alessandro D’Avenia ha scritto qualche riga sulla scuola virtuale che fa molto riflettere:
“La fatica di continuare a fare scuola, a scuole chiuse, dice chiaro che la scuola è relazione in atto, quasi mai in differita o a distanza. Per alcuni insegnanti questa è una liberazione, perché per loro la relazione con i ragazzi è solo un peso; per altri è invece una privazione, perché la relazione è un modo di essere nella vita e di cercare insieme ai ragazzi più vita, anche se questo costa tanta fatica. Questo fa la differenza. Lo stesso vale per i ragazzi, almeno credo: liberazione o privazione? Che cosa vi manca e che cosa no?”
Come abbiamo constatato nell’ultima settimana, per gli insegnanti della nostra scuola probabilmente questa è una privazione, infatti li abbiamo visti darsi da fare più volte in questa settimana a collegarsi, a mettersi in contatto, a lavorare da casa per noi, soprattutto per i maturandi.
Ma noi studenti come la stiamo prendendo?
Si possono vedere molti post su Instagram che sottolineano come diversi alunni, quelli fino alla quarta superiore, siano felici di queste “vacanze forzate” e come invece i maturandi stiano soffrendo questa situazione. Questo perché il tempo per finire il programma sembra svanire davanti ai loro occhi e le voci su dei possibili cambiamenti dell’esame non sono d’aiuto e preoccupano.
Si possono sentire poi opinioni molto contrastanti sulle lezioni virtuali: c’è chi riesce a seguire bene le lezioni, quasi meglio che in classe perché sono meno dispersive e adora la possibilità di gestire la sua giornata senza doversi spostare ma stando comunque attento. Alcuni professori, al posto di una videolezione, di una lezione in diretta o di appunti, scelgono di fare delle videochiamate e, di conseguenza, è anche più semplice prestare attenzione perché si può intervenire e parlare direttamente con l’insegnante.
C’è invece chi, ancora in pigiama e sdraiato sul divano, si addormenta dopo pochi minuti, lasciando il professore o la professoressa a parlare con il vuoto. La didattica a distanza, infatti, come ad alcuni può giovare, ad altri non aiuta per niente, proprio perché si teme che verranno prese per fatte cose che alcuni non sono nemmeno riusciti a seguire, a causa di distrazioni che a scuola forse non avrebbero.
Un tema di cui però nessuno ha ancora parlato è che sfortunatamente, nonostante l’Italia sia un paese avanti dal punto di vista tecnologico, non tutti hanno le stesse possibilità o semplicemente alcuni vivono in località in cui la connessione internet funziona male e quello che capiscono dalle videolezioni è veramente poco. Inoltre sarebbe più comodo se queste potessero essere riviste anche in seguito e non venissero cancellate.
Le lezioni virtuali, quindi, se ad alcuni possono sembrare un incubo che si fa realtà, ad altri piacciono e ne sono grati, ma abbiamo ancora un lunghissimo mese davanti a noi.
Coraggio a tutti, alunni e insegnanti, lavoriamo insieme con determinazione ed entusiasmo così…TUTTO ANDRA’ BENE!