Proponiamo una serie di riflessioni scaturite dal confronto tra alcuni personaggi dell’Inferno dantesco e i testi delle canzoni contenute nell’album Infernum dei rapper Claver Gold e Murubutu. Oggi vi presentiamo PIER DELLE VIGNE, protagonista del canto XIII, girone dei suicidi

ALESSANDRO DEMA


La canzone prende in analisi un personaggio che incontriamo nel tredicesimo canto dell’Inferno, Pier delle Vigne ; in vita, fu un illustre politico e letterato che operò per la maggior parte della sua carriera al servizio dell’imperatore Federico II di Svevia. Cadde in disgrazia per colpa di invidie da parte della corte. In segno di protesta, per dimostrare la sua fedeltà all’Impero, all’Imperatore e ai suoi ideali, si suicidò, ancora in prigionia.

Il testo della canzone ci offre una visione differente e più moderna del personaggio, con spunti di riflessione sul nostro presente. Nell’episodio originale infatti, vediamo come Pier si suicidi con una motivazione strettamente legata all’onore dell’uomo, la fedeltà al suo signore e ai suoi ideali. Nel testo di Murubutu e Gold, invece, ascoltiamo una versione moderna dell’episodio, dove l’onore politico e la fedeltà all’Imperatore sono irrilevanti, sostituiti a loro volta da sentimenti più umani, come la tristezza, la solitudine e la terrificante convinzione che questo mondo non sia fatto più per noi.

Più volte, durante la canzone, viene fatta menzione all’appartenenza ad una società nella quale siamo sempre in vista, spasmodicamente osservati su ogni nostro movimento e giudicati di conseguenza ; il Pier di questa narrazione è, presumibilmente, ancora un adolescente, sensibile e troppo « lento » per la corsa che la crescita rappresenta : è vittima di bullismo, fisico e sui social, mentre lentamente si nasconde in sé stesso, ignorando anche l’aiuto offerto dai suoi « amici ». Questo dolore si trasformerà velocemente in apatia e disperazione, culminante poi nella terribile decisione.

La soluzione, in questa situazione come in altre, sarebbe quella di chiedere aiuto : lo so, facile a dirsi, non a farsi, ma è essenziale capire che non si è mai veramente soli, non si è mai veramente « a posto » con la vita. Chissà quanti gatti non ha accarezzato, quanti fiori non ha colto, quanti libri non ha letto, quante nuvole non ha osservato, di quante risate si è privato e quanto amore non ha ricevuto o dato Pier, per una sola, orribile decisione.

Quindi mamma, scusa tanto, non sono felice, il mio cuore prende il largo da ogni sguardo ostile, nella stanza, sul mio banco, all’alba giù in cortile. Oggi non ci sono più, c’è un albero di vite.”