MADDALENA BERTOLI
Biglietto d’aereo e del treno: stampati
Tampone molecolare 48h prima del volo: prenotato
Crisi isterica dovuta alle valigie che non si chiudono: sopravvissuta. Pianto fiumi, mari e oceani di lacrime salutando i miei amici: fatto, ho ancora gli occhi rossi.
Beh, allora direi che ci siamo. Tutto è pronto. E’ arrivato il momento di tornare in Valsesia.
Ho scritto, cancellato e riformulato così tante to-do-list delle cose che dovevo assolutamente fare nelle mie ultime due settimane in Francia che sicuramente tutto è pronto e al suo posto per la partenza.
Effettivamente, mi rendo conto, l’unica non pronta sono io.
Mi sembra di essere arrivata ieri in questa grande città dopo un viaggio infernale passato al freddo e schiacciata tra uomini che puzzavano di sudore. Mi sembra ieri di essere stata accolta dalla mia famiglia francese alle 23 con una tazza di tè bollente e una torta appena sfornata, nonostante fossi inzuppata come un pulcino e stanca morta. Per non parlare della prima volta che ho fatto un giro per il centro città, preso la pioggia in bicicletta o bevuto un vin brulé seduta sulle panchine della piazza.
La mia prima giornata a scuola, il fatto che mi sembrasse così strano avere lezione fino alle 18, essere sempre in pausa pranzo a mezzogiorno e la mia classe troppo numerosa perché ci fosse veramente silenzio durante le lezioni.
E ancora i picnic nei parchi, il profumo dei croissant freschi la domenica mattina e la sensazione di scoperta e libertà mentre camminavo per le vie in cui ormai so orientarmi come se fosse casa mia.
Ecco, questo è ciò che Strasburgo è diventata per me in soli tre mesi: CASA. O almeno, una seconda casa in cui rifugiarsi e ritrovare me stessa quando Varallo mi sta troppo stretta.
Normalmente sono una persona molto abitudinaria, quindi al momento della partenza le domande e le paure erano molte: la famiglia sarà accogliente o lo fanno giusto per i soldi? Riuscirò a farmi degli amici veri o passerò le mie giornate da sola
in casa? E la lingua, la scuola? Ci capirò qualcosa o sarò lì giusto a fare la bella statuina? Arriverò lì e riuscirò a seguire i corsi in presenza o il Covid mi giocherà un altro bello scherzo e passerò tre mesi in lockdown?
Insomma i dubbi erano veramente tanti.
Ma una volta arrivata, mi sembra già la sera stessa, ho capito che avevo avuto veramente molta fortuna e che tutto sarebbe andato come doveva andare: fortunatamente avevo ragione.
Ho passato tre mesi favolosi, circondata da persone che a modo loro hanno apportato un valore aggiunto alla mia vita, in una città moderna e europea in cui ci sono più piste ciclabili che benzinai e vivendo il sogno cosmopolita che attendevo da sempre.
Penso che a questo punto si sia capito che consiglio caldamente quest’esperienza ma chiunque stia pensando di farla e anche a chi non ha mai preso in considerazione l’idea: cambiare luogo, stile di vita e gruppo sociale vi aiuterà a crescere, vi porterà a lavorare su voi stessi e a mettervi in discussione come non mai.
E io, sono cambiata?
Senza alcun dubbio: comprendere davvero cosa significa abitare ed essere parte integrante di una città in continuo movimento, con persone tutte diverse e in cui ognuno si sente libero di esprimere le proprie idee e la propria personalità senza paura di venire giudicato o squadrato dalla testa ai piedi mi ha portato a tirare fuori lati di me che prima ignoravo o di cui addirittura non ero a conoscenza e anche, perché no, ad osare un po’.
Nonostante ciò, so già cosa succederà una volta tornata a casa: come giusto che sia, tutti mi chiederanno di raccontare cosa ho fatto in questi tre mesi, chi ho incontrato, cosa mi è piaciuto e cosa no. E io resterò lì immobile, con in testa mille immagini di moltissimi momenti diversi e ugualmente belli, senza sapere cosa rispondere.
Perché un viaggio così è talmente personale che tra te e le persone che incontri nel luogo in cui vai si instaura un rapporto che non riesci a spiegare davvero a chi non era lì accanto a te. Ci proverò sicuramente: a chi me lo chiederà mostrerò le foto e racconterò le mie avventure, ma una buona parte di questo viaggio resterà giusto per me. Forse è proprio questo lo scopo, no?
Sicuramente ritornerò a Strasburgo durante l’estate, quindi alla fine questo non è un addio, ma un arrivederci!