Tre migranti trovati sul timone di una nave petroliera
Caterina Mazzocchi
La situazione dei migranti è da tempo molto discussa dai politici e dall’opinione pubblica: in
molti vorrebbero chiudere i porti, pensare prima agli “italiani” (concetto espresso dal colore
della pelle? Dalla nascita in Italia? Dagli usi e costumi?).
Come si può, però, superare questi concetti alquanto vili e eurocentrici, se non si conoscono
le storie delle persone che migrano?
Oggi sono qui per raccontarvi la storia di tre uomini nigeriani che hanno attraversato il mare
per cercare una migliore prospettiva di vita.
I tre sono partiti da una costa della terra natale per giungere in Spagna, nello specifico a Las
Palmas de Gran Canaria. La sistemazione migliore che hanno trovato per questo viaggio
lungo 11 giorni (le fonti, skytg24, non specificano se con tappe o meno) è stato il timone di
una petroliera.
Immaginatevi ora tre uomini adulti, abbastanza alti, con le gambe a penzoloni per 264 ore,
ricurvi su se stessi, senza bere, né avere servizi con condizioni igieniche adeguate e non
degradanti a livello umano (si può immaginare come non ci sia privacy in pochi metri
quadrati).
Sono stati trovati disidratati, stremati dal sale, a rischio continuo di morte per ipotermia ed
alta marea.
La notizia che, però, più mi ha scioccata, è che questi tre migranti sono stati considerati
come clandestini, non essendo arrivati su un “barcone della morte”: di conseguenza, dopo
aver ricevuto le cure primarie, dovranno tornare al porto d’origine.
Credo non ci sia bisogno di aggiungere altro, se non che forse, se essi hanno rischiato la
vita così coraggiosamente, è perché da dove venivano la situazione era più spaventosa
rispetto agli 11 giorni vissuti in quel modo. Lo possiamo solo immaginare, poichè non
conosciamo i loro nomi, non sappiamo se hanno famiglie nè, più banalmente, perché sono
venuti in Europa.